Bruno Cassinari, nato a Piacenza nel 1912, si trasferì nel 1929 a Milano, dove fu intensamente attivo fin dai tempi dell’adesione al gruppo di “Corrente”. Il suo amore per la costa francese e, prima ancora, per la campagna natia lo indusse però a esperire periodiche alternative alla dimensione pur irrinunciabile dello studio di Via San Tomaso.
Da un lato, dunque, Antibes, che tra il 1949 e il 1953 significò la conoscenza diretta di Picasso – da cui fu chiamato a esporre al Musée d’Antibes nell’estate del 1950 –, nonché di Georges Braque, Marc Chagall, Paul Eluard, Jean Cocteau.
Ma, soprattutto, quel soggiorno mediterraneo rappresentò l’incontro della sua pittura con il respiro e il colore del mare, segnando una fase di speciale energia creativa.
Dall’altro Gropparello, terra primigenia e materna, infatti ritrovata a partire dal 1962, quando Cassinari vi riaprì il suo studio in compagnia di Ernesto Treccani, a due anni dalla morte della madre. Da quel momento ricomparve nel suo lavoro l’ambiente rurale già indagato negli anni Quaranta, fattosi ora mosso e acceso in senso drammatico.
Ogni luogo reinterpretato attraverso la forza del colore, nota dominante del suo fare che suscitò da subito speciale attenzione della critica – memorabili le parole di Elio Vittorini nel 1941 – e precoci riconoscimenti istituzionali all’estero: già negli anni Cinquanta, il lavoro di Cassinari non solo riceveva tributi alla Biennale di Venezia (1952), ma era noto anche alla scena artistica internazionale, per essere comparso in mostre di rilievo negli Stati Uniti (1952; 1957), in Australia (1956), in America Latina (1957).
Ritrattista mondano – celebri i dipinti di Gina Lollobrigida (1955) e di Carla Fracci (1958) – e, al tempo stesso, pittore del sacro – sue le vetrate nella basilica di San Domenico a Siena (1982) –, per oltre mezzo secolo dedito all’arte con fervore quasi devozionale, Cassinari è scomparso a Milano nel 1992, nello studio che recava ovunque tracce del suo temperamento artistico, nelle tele da ultimare, negli amati oggetti d’antiquariato, negli schizzi tracciati a mano e nei sedimenti di colore sulle pareti.
(Silvia Ferrari Lilienau)